Verso The City By The Bay

Sto per partire per San Francisco.
Solo un bagaglio a mano. Si viaggia leggeri.
Destinazione, una delle piu’ importanti web conferences americane.
Ci saranno guru, giornalisti ed imprenditori di ogni parte del mondo.
Ci sara’ il futuro del web: idee e persone che davvero non vedo l’ora di scoprire.
Un volo da Sydney a San Francisco.
Una stanza in un albergo della terza strada.
Il resto a dopo.
Ora scrivo dall’aero: poche ora di sonno alle spalle e un sedile accanto al corridoio -per fortuna, non sopporto essere intrappolata.
Accanto a me c’e’ una coppia di signori giapponesi. Parlano poco.
Sto per vivere un momento che potrebbe dare una svolta alla mia carriera, non si tratta solo di un evento: si tratta di incontri, di contatti, di essere introdotti nel giro di Silicon Valley e del lancio del prodotto a cui ho lavorato per quasi un anno, ormai.

Ho poca fame, bevo un gin-tonic. Si’, decisamente ci vuole un gin-tonic: ha un sapore che non sentivo da tempo. E’ da Parigi che non ne bevo uno.
L’ultimo era appoggiato sul mio parquet, un po’ boheme, molto Manet.
Sono stata talmente concentrata e sommersa di cose da fare, negli ultimi giorni, che compilare i documenti per la dogana e’ un diversivo quasi divertente. Di solito detesto i documenti per la dogana.

I film non mi interessano, a leggere non riesco e ho ore di sonno arretrato.
Ho tutto quel che serve per dormire, questa volta: mascherina per gli occhi, cuscino da viaggio – uno di quelli veri, altro che quelle schifezzine gonfiabili e poi ho sonno. Tantissimo sonno.
Gli schiamazzi della signora giapponese – si’, i japo hanno iniziato a parlare – non mi destano piu’ di tanto, mi alzo una decina di volte per farla passare, nel dormiveglia, poi mi riaccoccolo in qualche sogno leggero.

Sfoglio la rivista di bordo, non ci faccio mai molto caso, ma e’ un piccolo rito.
Pagina 59 ha due foto che mi piacciono: Philips ha fatto un paio di nuovi brillantosissimi auricolari ed una chicchissima chiave USB in collaborazione con Swarovsky. La collezione si chiama Active Crystals e sta lanciando adesso.
Sapevo che era la tendenza.
Ne avevo parlato l’anno scorso ad un’amica orefice, purtroppo un po’ al di fuori del campo per rendersi conto di quanto la tecnologia sia presente nella nostra vita e del fatto che la moda non possa piu’ prescinderne.

Se cambiassi lavoro, mi piacerebbe essere product manager per oggetti Tec-chic. Una nicchia, certo, ma neanche cosi’ tanto.
Le donne stanno avanzando, nel campo tecnologico. Ce ne sono sempre di piu’ che si interessano, scrivono e progettano per il web. C’e’ bisogno di oggettini carini.
In ogni caso, avevo sognato una chiave USB gioello, non tanto per stravaganza, ma perche’ negli ultimi anni, la USB e’ stata la cosa che ho messo al collo piu’ spesso. E allora perche’ non renderla graziosa?

Ho chiesto alla hostess di dare un’occhiata, Swarowsky e’ maestra nel packaging. Peccato che, mente marchettara come sono, debba sempre analizzare il rapporto valore aggiunto/costo aggiunto e non mi possa godere in pace lo spettacolo.
Mi sono fatta un regalo.
Mi sono regalata quella fantastica chiave USB a forma di cuore tempestato di cristalli.
il cuore si apre eeeee….tac: appare la chiavina.

Memoria USB Active Crystals. Philips - Swarovski

Memoria USB Active Crystals. Philips - Swarovski

Ora, siete pronti, vero? Pronti alla lista di motivi plausibilissimi che una donna sa addurre per giustificare un acquisto completamente inutile ed altrettanto irresistibile?
La parte razionale di me mi diceva: le chiavi USB sono sorpassate, ormai si salva tutto online con Google Docs ecc. E 1 giga non e’ tanto per niente. Si compra un hard disc esterno da 500 giga per lo stesso prezzo.

Ma la parte irrazionale ha avuto la meglio e moooolte piu’ argomentazioni:

1. Rappresenta il mio mestiere
2. E allo stesso tempo il mio stile
3. E’ a forma di cuore, io ho una collezione, nata per caso, di ciondoli a forma di cuore
4. E poi e’ romantica. Pensate alle favole: nel ciondolo si nascondevano prove d’amore, pozioni magiche, biglietti segreti. Si apriva un anello o un ciondolo a forma di cuore e la storia cambiava direzione. Ora, il ciondolo che si apre svela una chiave USB.
5. Ecc.

Dopo 14 oro di volo abbondanti, sono a San Francisco. Scendo, passo la dogana. Il ragazzo che prende le impronte viene dalla isole Guam e mi fa un sacco di domande sui viaggi in Egitto ed in Polinesia. E’appassionato di diving e so che vorrebbe potermi chiedere il tesserino del PADI, ma niente, non e’ il caso, passaporto e procedura di rito. Poi la valigia.
Il tempo trascorso in fila per la registrazione, all’ingresso statunitense, mi fa arrivare in perfetto timing per recuperare il mio trolley. Hop e si esce.

Fa sempre un po’ di effetto, quando non c’e’ nessuno ad aspettarti all’aeroporto. Uhm. A dire il vero fa effetto anche quando qualcuno c’e’. Forse sono gli aeroporti a fare effetto, nodi tra intervalli spaziotemporali incredibili. Dates-line che si attraversano, giorni che si allungano, altri che spariscono, notti di chi e di che e di dove e l’attesa, fermi immobili, come in qualche macchina spaziale a farsi trasportare all’altro capo del mondo.

“Welcome to San Francisco” recitano i graffiti sui muri. Welcome? Io? – Grazie.

A Sydney, cercavo un posto in cui stampare una pagina di brochure, l’ultima fatta da Nicole, che non e’ arrivata in tempo per essere finita con il resto. Lo trovo qui: un bel negozietto che fa proprio al caso mio, con un ragazzo gentile, un po’ americano, un po’ greco che sembra contento di fare quello che fa.

In un paio di minuti ho il mio foglio stampato e qualche centinaio di dollari americani nella borsa.

Bart.
Bisogna cercare il Bart: il trenino che collega l’aeroporto di San Francisco con il centro della citta’.
Ottimo: la scala e’ mobile e la Pri non e’ costretta a soccombere sotto i 13 kg che e’ riuscita ad infilare in un bagaglio formato cabina.
So viaggiare con poco. Me la cavo con un paio di pezzi di guardaroba, se e’ il caso. Ma la mia specialita’ e’ viaggiare in poco spazio. Ovvero riuscire a stivare in borse minuscole quantita’ inimmaginabili di vestiti ed infinite paia di scarpe. Il rapporto tra massa, densita’ e volume e’ l’unico rimasuglio di fisica che mi rimane dal liceo e lo sfrutto al massimo. Aiuta portare taglie piccole.

Sono, finalmente, in albergo, ho gia’ la connessione ad internet e la valigia in camera.
Il Westin Market Street e’ un elegante grattacielo al numero 50 della terza strada, praticamente all’incrocio tra Third e Market (da cui il nome).
Sono ad un paio di blocchi dall’Imbarcadero e dal Bay Bridge e la mia finestra si affaccia, dal ventitreesimo piano, su tutta la citta’.

Sono le undici e trenta del mattino e inizio a vedere i miei messaggi.
Aver scritto su Facebook che sarei venuta a San Francisco mi ha procurato una marea di pseudo-appuntamenti.
Cerchero’ di vedere Alexandre e Elodie.

Alexandre e’ un ingegnere di Apple, lavora all’iPhone. Ci siamo incontrati poco piu’ di un anno fa su di un treno Parigi Venezia. Io all’inizio ero stata ipnotizzata dal telefono magico non ancora in commercio con cui giocava. Poi ho anche capito che era un ragazzo simpatico. E’ diventato mio amico, quando ha recuperato il libro di Simone de Beauvoir che avevo dimenticato nel vagone e me lo ha praticamnete lanciato dal finestrino.

Elodie e’ una compagna dei tempi della Sorbona, ora vive a Londra, dove lavora per Amex ed e’ di passaggio, come me, a San Francisco, per qualche giorno.
Il resto sara’ lavoro, lavoro, lavoro.

Il boss mi ha appena scritto che e’ arrivato in albergo anche lui: la sua stanza e’ al ventiseiesimo piano. Lo raggiungero’ nel tardo pomeriggio per organizzare la conferenza di domani.
Ora doccia e due passi in citta’.

Da Un Salto Nel Vuoto A San Francisco

Sono accovacciata sul divano, intorno, ho scatole, sacchetti, una valigia e qualche palloncino blu.
Le scatole sono di due paia di scarpe che ho comprato ieri; avevo resistito mesi senza shopping ma, con gli arrivi della nuova stagione ed i sandali estivi, mi sono lasciata tentare: un paio di décolletées nere e un paio beige, con un po’ di tacco. Quasi avevo dimenticato la sensazione che dà un paio di sandali nuovi: jeans, un top di seta e ci si sente ondeggiare sui tacchi, molto più donne di quando si portano sneakers e zaino. Qui vivo in un paio di Tods ed un Eastpack marrone; sarebbe stato impensabile meno di un anno fa.
I sacchetti sono di oggi, piccoli acquisti fatti a Bondi. Avevo dimenticato anche l’effetto deleterio e dispendiosissimo del sentirsi donne: ci si ritrova autorizzate ad entrare nei negozi, a provare e si torna a casa colme di pacchettini patinati e velina croccante. Ora so che, per risparmiare, basta uscire struccate e un po’ sciatte: ogni velleità, tragi-magicamente, scompare.
I palloncini blu sono tra i più resistenti che abbia mai trovato: li ho gonfiati esattamente 10 giorni fa, il 14 agosto alle 6 del mattino, prima di svegliare Albi per la sua sorpresa di compleanno. Ho inondato il lettone di palloncini e gli ho dato un biglietto : “Oggi ti lanci da 14000 piedi”. Sonno o incredulità, ci ha messo un po’ a realizzare che la torta ed il regalino della sera prima erano solo una copertura per il balocco vero. Era un po’ che parlava di paracadutismo, mai troppo seriamente, ed era un po’ che si lamentava di dover andare in ufficio nel giorno del suo compleanno. Ho messo insieme le due cose e una lettera al boss, da cui sono riuscita ad ottenere per entrambi un day off, azzardato un paio di chiamate e, tac, era fatta: due lanci prenotati per il 14 alle dieci del mattino. Ho fatto un po’ di ricerca su Internet ed ho scelto Wollongong, una spiaggia ad un’ora da Sydney, l’unico posto in cui ci si lanci sul mare e dalla massima altezza. Abbiamo mangiato al volo i soliti cereali e siamo saltati in macchina, Albi al volante io con il Mac in grembo e uno screen shot di GoogleMaps a farci da guida.
Siamo arrivati esattamente alle 10. La scuola di paracadutismo di Wollongong e’ una casetta nel mezzo di un prato verdissimo, intorno, solo spiaggia e mare, ha un che di sereno e di rassicurante. C’era vento, troppo vento: “Andate a fare colazione, ci sono un sacco di baratti sul lungomare, ci ritroviamo qui tra mezz’ora per vedere se il vento e’ calato”. Ottimo consiglio quello dell’istruttrice, un po’ titubanti noi, all’idea di far colazione immediatamente prima di buttarci da un aereo, ma i biscotti alle mandorle del chioschetto a nord della baia erano davvero impedibili.
Alle 10:30 eravamo pronti per l’avventura: una tuta gialla e blu, un salvagente (in caso di ammaraggio), un breve briefing e via su di un minuscolo aereo blu. Davvero minuscolo, sembrava un tagliaerba. Vuoti d’aria, qualche battuta e la consapevolezza che ormai si era partiti: piedi lontani da terra ed il deretano su un trabiccolo traballante “Siamo pieni di paracadute”- mi facevo coraggio. Quattro, otto, quattordici mila piedi. La terra sempre più lontana, il mondo sempre più piccolo, il salto sempre più vicino e la ricerca dell’inconsapevolezza sempre più disperata: più di inconsapevolezza che di incoscienza si tratta di fornirsi in quel momento, perché talmente inconcepibile e’ ignorare le conseguenze di un eventuale inciampo, che bisogna piuttosto fingere di non sapere che cosa si sta facendo. Uno, due tre, quattro e’ Alberto, quinta salto io, poi boh, neanche ricordo chi ci fosse dietro; altri due ragazzi, mi sembra. Vedere albi volar giù dall’aereo, proprio davanti a me, mi ha fatto pensare: “L’ho ucciso”. Si rotolava in cielo con l’istruttrice e…e poi non c’era tempo per pensare: toccava a me.
Un portellone, un istruttore biondo, spiaggia e mare a cinque mila metri di distanza, a picco sotto di noi. Hop: vento, vento fortissimo, freddo, braccia allargate e sembrava di volare, ma troppo veloce. Si cade a 220 Km all’ora e non e’ proprio come andare in moto. Poi, da proiettili, ci si trasforma in palloncini, sembra di gonfiarsi d’elio: la decelerazione di quando si apre il paracadute si percepisce come un’ascesa. E poi volte e giri e spiaggia, verde e azzurro e una manciata di altri paracadute intorno che atterravano alla spicciolata nel prato sul mare.
Fatto, tick, crocetta. E’ una delle cose che si hanno sulla lista di cose da fare in una vita e tac, fatta. Per merenda ci siamo regalati e una pizza e poi a nanna prestissimo, stravolti e snervati dalla tensione della mattina.
Il giorno dopo, siamo partiti per la montagna. Era venerdì. Un autobus ci aspettava alla stazione centrale, appena dopo il lavoro. Una ciurma di ragazzi con tavola e sci.
Alle sei in punto abbiamo preso la via di Thredbo, la più alta tra le località sciistiche australiane. Prima tappa, il bottle shop, tanto per settare il tono della vacanza. Secondo punto saliente, l’imbuto. Justin, la nostra guida, ha sventolato un imbuto rosso attaccato ad un metro di canna: “Ragazzi, non possiamo fermarci ogni due minuti per fare pipì, quindi, se bevete troppo, c’e’ l’imbuto” – un prototipo di Piss&Drive, praticamente, sarebbe da brevettare. Oltre all’imbuto, Justin si e’ occupato davvero di tutto: ci ha preso lui gli skipass, prenotato l’attrezzatura (eggia’, non abbiamo portato tuta e sci, in Australia), organizzato il recupero delle chiavi ecc.
Alle 23 eravamo a destinazione, passaggio veloce al Rent per recuperare tuta, sci e scarponi e alla Reception per la chiave. A mezzanotte eravamo già in camera a guardare le olimpiadi. Nanna presto, di nuovo.
L’indomani, la sveglia e’ suonata alle 6: colazione e bus per le piste (lo stesso bus dell’imbuto). Thredbo e’ un complesso niente male ed abbiamo trovato una neve spettacolare. Piste impegnative, molto libere, spaziose, divertenti, snow park per le tavole, davvero carino. Domenica c’e’ stato un sole spettacolare. Ed eravamo incruduli quando, dopo le mille cose fatte, ci siamo ritrovati a Sydney la sera. Il viaggio e’ volato, abbiamo visto un paio di film ed eravamo a casa. Ancora una volta, nanna presto.
Ora e’ mezzanotte e, domani, si va in piscina durante la pausa-pranzo, quindi scappo a preparare la borsa e – indovinate – a fare la nanna.
Ah, dimenticavo: la valigia! Nel casino intorno a me, c’e’ anche una valigia. E’ un trolley da cabina che ho preso al volo da QuickSilver per sostituire il mio, ormai estenuato. Mi serve, perché il boss mi ha appena detto che, dall’8 al 14 Settembre, ho un impegno a SanFrancisco: WoW, una conferenza web interessantissima ed un sacco di incontri con blogger e geeks vari. Per ora posso solo dirvi che non vedo l’ora. Il resto velo raccontero’ in WiFi dalla citta’ piu’ 2.0 del mondo.

Niente Sci, Ma Macedonia e Tanto Sole

Abbiamo visto le baleeeene !
Albi ha avuto la buona idea di rimanere piegato in due ad un paio di giorni dalla montagna. Come? Allacciandosi le scarpe : gli anni si sentono.
Quindi abbiamo saltato la sciata col capo e ci siamo goduti un lungo e tranquillissimo week-end a Sydney. E Sydney, davvero, ‘is an holiday resort’. Soprattutto Coogee : ci si sta proprio bene. Tre giorni di riposo, letture, colazioni lunghissime e di Balene: siamo stati finalmente a vederle, in Barca.
Come funziona? Le balene, nei mesi estivi, migrano verso nord per andare a figliare ed accoppiarsi nelle acque calde e protette del Reef.
Poi, da fine agosto a dicembre, tornano verso sud con i piccoli. Dev’essere bello vederle con i piccoli, perché nuotano quasi sempre a galla, per insegnare ai nuovi nati a respirare.
Ne abbiamo viste una decina, enormi. Andavano sott’acqua, poi rispuntavano sbuffando altissimo e poi ancora sotto per qualche minuto.
La prossima volta vorrei seguirle da una barca più piccola, ancora più vicino.
La settimana è passata velocemente, il boss ha organizzato l’ennesimo viaggio a San Fancisco, facendomi impazzire : all’ultimo minuto il suo volo per Los Angeles è stato ritardato di tre ore, facendogli perdere la coincidenza per San Francisco.
Che cosa ha fatto, secondo voi? Mi ha chiamata dall’aeroporto per prenotargli due voli da LA a SFO. Due ne ha voluti, a mezz’ora di distanza l’uno dall’altro. Non si sa mai – ha detto. Che tensione, fare queste cose all’ultimo minuto : i form online mi snervano sempre; figuriamo in un’occasione del genere, in cui ci sono in ballo appuntamenti importantissimi, tratte intercontinentali e secondi millesimati.
Gli ho mandato tre volte il messaggio con i numeri dei voli prenotati, su titti i telefoni, e mail e segreterie che possiede. Per fortuna è andato tutto bene: lui è arrivato sano e salvo (solo salvo, direi, sul sano, qualche dubbio lo ho) e io mi sono guadagnata un bollino da travle agent. WoW.
Per fortuna lo scorso week-end è arrivato in fretta ed è stato delizioso : questi, che dovrebbero essere i giorni più freddi dell’anno, ci hanno riservato un sole caldo primaverile, i prati e la spiagia di Coogee erano colmi di famiglie, di ragazzi e dei loro pic-nic.
Visto che la schiena di Alby andava meglio, siamo andati a fare una passeggiata da Coogee Bay a Bronte Beach. E’ una bella camminata : scalette, salite, discese, un panorama spettacolare e gente che fa ogni tipo di sport. Corsa, surf, abbiamo addirittura trovato due ragazzi che si allenavno in trial sugli scogli di Gordons Bay.
Domenica, tragedia!, ci siamo accorti che non avevamo più cereali!
Come puo’ iniziare un giorno, senza cereali? (Esagero: non siamo proprio cosi’ abitudinari). Abbiamo risolto con una mega brunch-macedonia al baretto sulla spiaggia: yogurt, miele e tantissima frutta. E’ squisita quella macedonia. E poi ci siamo sdraiati a leggere sul prato.
Sto leggendo un libro sulla potenza dei social networks : ‘Here comes everybody’, di Clay Shirky ; Albi leggeva una rivista di fotografia. Basta poco per stare bene.
Quando ci è venuto appetito, siamo andati a divorare un piattone di patatine fritte : quelle super buone, tagliate a mezzaluna, con sweet chilli e panna acida : yum!
E poi ci siamo lanciati i un esperimento ‘Pizza’ miseramente fallito per due volte.
Esiste Domino’s. Perché ci ostiniamo a voler fare da soli la pizza?
E oggi ! Oggi il capo aveva le ultime demo a San Francisco, tra cui una importante ad uno dei giornalisti più influenti di Silicon Valley.
Beh, è andata troppo bene. Ma troppo, davvero.
Il giornalista in questione lo ho trattenuto per ore, facendogli perdere un altro aereo per Los Angeles e quindi la coincidenza per Sydney e, in più, ha postato un messaggio su Twitter, dicendo che PeopleBrowsr (il nostro sito, per chi fosse nuovo, sul blog) è mind-blowing, eccezionale.
Che cos’è un messaggio su Twitter? E’ una frase di 140 caratteri che gli amici di un utilizzatore possono vedere. Semplice.
Il fatto è che il giornalista in questione ha più di ventimila amici, su Twitter. Immaginate la eco che ha creato il messaggio?
Nell’ora successiva abbiamo avuto una valanga di accessi al sito, tanto che siamo stati costretti a chiuderlo al pubblico: il lancio ufficiale è a settembre e non vogliamo troppo traffico prima. Ma è stato fantastico: abbiamo avuto tantissimi commenti positivi. Dopo mesi di lavoro, è stata una super soddisfazione.
Per l’entusiasmo, ci siamo fatti un regalo : nuovi costumi, cuffie, occhialini : da domani si va in piscina, durante la pausa pranzo. Ouch!

Da Coogee Beach all’IKEA e deviazione verso le montagne. Si scia in Australia.

Due settimane di novità.

In ufficio è arrivata una nuova programmatrice, Melissa: 120 kg circa, un po’ chiacchierona, cartoccio di noodles e cappuccino incorporati, una voce da oltretomba. Il boss l’ha messa al mio posto e ha messo me vicino a lui. Peccato: mi piaceva la vista su Hyde Park che avevo dalla mia scrivania.

In un paio di giorni ho capito che sarebbe durata poco: era evidente che la nuova fanciulla non rientrava nello stile del capo, nei canoni dell’ufficio, nei ritmi del progetto. Una settimana e via: la mia scrivania si è liberata di nuovo.

“Mi dispiace di aver fatto venire in ufficio quella specie di balena – mi ha confidato ieri il boss – non avrei mai dovuto prenderla, cazzo era inguardabile”. E mi sono resa conto di come tutto conti, anche qui.
Quando lavoravo a Milano, nell’ufficio-stampa di una casa di moda, era chiaro che il bell’aspetto fosse uno dei canoni di selezione, nulla di nuovo, in certi ambienti, ma qui, per programmare, addirittura server-side, credevo davvero l’avvenenza non contasse. Me illusa. Povera Melissa, era simpatica.

Ho saltato due week-end nel mio racconto: il primo è stato molto calmo, a Coogee: aperitivo, pattini, una passeggiata sul mare e, proprio dalla scogliera sotto casa, cosi’, senza cercare, abbiamo visto le balene.
Ne stavo parlando distrattamente con Albi: “Inizia il periodo delle balene, sarebbe bello andare a vederle, Laurel mi ha detto che a Bondi le vede dalla finestra della cucina. Figata. Figurati se si vedono da qui”. Avevo gli occhiali, ho guardato il mare, più con teatrale rimpianto che con reale speranza di scorgere qualche cosa: “C’è uno spruzzo bianco”. Si vedeva, in lontananza, una colonna di schiuma, che si alzava di poco – quanto, chi lo sa, a quella distanza.
“Cavolo che vista, quella è una balena”. Alberto, lupo di mare più brianzolo che camoglino ma con una vista decisamente migliore della mia, ha confermato il mio miraggio.

Uno, due, tre, quattro spruzzi, si alternavano, si spostavano, si avvicinavano e si allontanavano dalla costa tra Maroubra e Bondi. Abbiamo visto le balene, sotto casa!

Ho sempre vissuto al mare (davvero a 50 metri dalla spiaggia), mi sono svegliata ogni mattina della mia infanzia vedendolo come prima cosa, dalla finestra e mai, mai, mai avevo visto lo spruzzo di una balena.

In questi giorni continuiamo a vederle, anche noi, come Laurel, dalla grande finestra della cucina.
Luglio, lo avevano detto: il mese freddo, il mese delle balene. Prenderemo una barca, per andare a vederle in mare aperto, uno di questi giorni, come volevamo fare un po’ di tempo fa.

Mese freddo, dicevo. Freddo non molto: 20° e le giornate si allungano già “E’ passato il solstizio d’inverno” mi ha fatto notare uno degli Andrews, l’altro giorno, in ufficio.
‘Il solstizio d’inverno’, ‘la croce del sud’…mi ricordano i miti che leggevo da ragazzina e sono talmente vicini, qui.

“Venerdi’ prossimo potremmo prendere tutti vacanza”. Bella uscita quella del capo. Soprattutto dopo le fatiche degli ultimi giorni.

Che fatiche?
Siamo stati all’IKEA, Signori miei. E, sei mesi dopo esserci venuti ad abitare, abbiamo trasformato la nostra casina sulla spiaggia. Prima era molto vuota, molto spartana, arredata da persone abituate a pochi fronzoli. “Le cose servono, i colori non contano”. Che differenza dalla mia casina di Parigi, in cui ho litigato con l’architetto per ogni millimetro ed ogni sfumatura. Qui l’ho presa un po’ come un campeggio: mi serviva una situazione provvisoria per sentirmi libera di scappare in ogni momento, come a Parigi mi serviva qualche cosa di stabile per sapere che sarei potuta tornare.

La giornata all’IKEA è stata spassosissima: avevamo chiaro in mente che cosa ci serviva, siamo stati molto efficaci e ci siamo divertiti. E’ buffo come si imparino le cose nella vita. L’MBA mi ha forgiata, in un certo senso: ottimizzazione spontanea di tempo e risorse. Funziona. A volte rompe anche un po’ le palle al prossimo, pero’ vabbé.

Abbiamo comprato cuscini, tende, un piumone morbidissmo, un copriletto a righe colorate ed un sacco di altre cose.
L’idea era di dare al tutto uno stile un po’ matto, non lo avremmo fatto per una casa vera, abituati come siamo entrambi alle cose classiche e vecchia maniera, in certi frangenti.
Qui ci siamo sbizzarriti. Anche perché dovevamo abbinare ogni pezzo ai muri viola del salotto. E allora tende viola, cuscini viola, lampade colorate; abbiamo comprato addirittura una palla da discoteca: una di quelle di specchio che girano e riflettono ovunque la luce. “Se deve essere kitsch che lo sia sul serio”.
Il risultato è sorprendente: sembra una casina nuova. E’ confortevole, graziosa. La sera non vediamo l’ora di tornare dall’ufficio per ritrovarci qui.

Vi scrivo dalla cucina, è una giornata un po’ grigia, per la prima volta, non vedo nessuno in mare.
La TV, nell’altra stanza parla da sola, io rubo un po’ di tempo al lavoro da fare.
Ecco, appunto, ho dato un’occhiata alle email e il lavoro da fare mi ha rubato al blog. Ma torno.
Il boss ha un meeting con Nic, la nostra grafica. Teleconferenza, un po’ di decisioni prese. Un po’ di idee, alcune totalmente campate in aria, altre meno.

Dicevo, dicevo: luglio il mese più freddo, il mese delle balene e luglio il mese in cui il boss dice di prendersi un venerdi’ di vacanza: “Saro’ in montagna con la mia famiglia, perché non ci raggiungete per il week-end? Abbiamo una casa enorme, c’è spazio per tutti”.
Ma noi non abbiamo nulla per sciare! Scopro, alla veneranda età di 26 anni, che si puo’ affittare proprio tutto.
Io, abituata ad avere diverse paia di sci nelle diverse case in montagna, ora mi ritrovo senza neanche un paio di guanti. Albi si è informato in un negozio sotto l’ufficio: “Prenotiamo tutto qui e poi ritiriamo a 40 minuti dagli impianti, è di strada”.
Sarà un’avventura. Già ci perderemo : cinque ore di macchina in direzione di Camberra, uscite e svincoli mal segnalati. Pessima davvero la segnaletica australiana, bisogna sempre tirare a indovinare.
Di solito faccio da navigatore col MacBook sulle ginocchia e uno screen grab di google maps aperto davanti.

Parleremo meglio della montagna, stasera, mangiando cibo indiano.
Eh già, ormai abbiamo i giorni fissi: martedi’ pizza, mercoledi’ Thai, giovedi’ indiano…quasi sempre.
Ieri a pranzo siamo stati al Koreano, suggerito dal boss, naturalmente, caspita, questo boss: una monomania! Beh, a metà pranzo ci ha raggiunti e ha iniziato a parlare di mafia cinese e spie russe. Non so mai se credergli, quando racconta le sue storie.

Ora un po’ di cereali, essi’, quando solo sola mi “vizio” e pranzo coi cereali – ma non i CrunchyNuts, cacchio: sono allergica. Allergica a noci, nocciole, noccioline. Scoperto grazie ai CrunchyNuts, forse ne avevo mangiati troppi: mi sono ritrovata, un sabato mattina, ricoperta di bollicine; scongiurati il borbillo e qualsiasi insetto, poteva essere solo un’allergia.

Ora lavoro e, intanto, è spuntato il sole.

Mac, Churrasco Crociera e Museo Marino

La settimana scorsa non siamo andati a pattinare a Centennial Park : pioveva.
E forse sapevamo che ci avrebbero aspettato giorni pieni, talmente pieni che mi ritrovo a postare solo oggi l’update settimanale.
In ufficio le cose vanno sempre più veloci, il lancio è imminente i partners si aggiungano, gli impegni si moltiplicano.
Mercoledì sono stata a due conferenze : la prima, il GoogleDeveloperDay era al Darling Harbour. Location fantastica, organizzazione perfetta, persone straordinarie. Ne parlo qui.
La seconda era il PubCamp, al Marriot Hotel, 30 Pitt Street : una non-conferenza, stile BarCamp, organizzata per radunare esperti e curiosi di comunicazione e nuove tecnologie tutti volenterosi di condividere idee.
Le non-conferenze : BarCamp e PubCamp sono veri e propri laboratori di pensiero : si improvvisa sul palco, si raccontano esperienze, si condividono liberamente opinioni, si incontrano persone che hanno le risposte, si costruisce il nuovo.
Biglietti da visita, strette di mano, virtuale e reale si mescolano. Fermento.
E il week end non è stato da meno :
Sabato mattina siamo andati alla ricerca di un commercialista aperto oltre gli orari di ufficio, perché si avvicina la fine dell’anno fiscale e, si’, siamo orgogliosi di informarvi che abbiamo redditi da dichiarare. Abbiamo trovato un ufficio non lontano da Bondi. Ci ha accolto un signore sorridente “Na, è troppo presto per la dichiarazione, comunque, si’, siete web-designer, scarichiamo tutti i computer e le macchine fotografiche, automobile ecc” – ottime nuove – “Ma ci penseremo a luglio, vi va di vedere il museo?”
Museo?
Signori miei, il nostro commercialista, perché dopo quest’uscita abbiamo deciso che il tipo in questione era il commercialista perfetto per noi, ha un museo marino in ufficio. E mica un museo piccolo! Serissimo, con tanto di teche, di modelli, conchiglie rarissime, alcune enormi, un guscio di tartaruga che a parer mio nessuna legge consentirebbe mai di far entrare in Australia, pesci spada, tavole da surf morsicate da squali, insomma, un piccolo spettacolo. E tutto perché “mia moglie mi ha detto che dovevo liberare la casa di tutta questa roba e allora io l’ho portata in ufficio”
Ufficio?
Noi non l’abbiamo visto l’ufficio: solo un ingresso, il suo scrollare la testa “ci penseremo a luglio” e il museo marino.
Ha indicato poi, con poco interesse una porta, accennando “l’uffico è li’ dentro” e stop.
Che personaggino. Negli ultimi anni sono stata felice di andare dal dentista, perché avevo un dentista che adoravo ed ora saro’ contenta di andare anche dal commercialista. Ma succedono a tutti queste cose?
Visto l’incontro simpatico e la possibilità di scaricare dalle tasse parte delle spese tecnologiche, Albi ha “scoperto” che il suo MacBook aveva un problema al click e che la garanzia sarebbe scaduta in due giorni : volata al rivenditore più vicino, diagnosi : riparabile in quindici giorni.
Quindicichecooooosa ?
Impossibile sopravvivere senza Mac per quindici giorni.
Risultato, abbiamo lasciato il Macchino all’AppleCare ed abbiamo adottato un nuovissimo, fiammante, super-maga-figo MacBookPro. Come due bambini con un gico nuovo.
Tutto diverso sul MacBookPro, sostiene ora MrMacBookPro.
Io sono rimasta al mio Macchino bianco e mi trovo bene ma a lui sembra sia cambiata la vita.
Sabato sera, fantastico : festa universitaria in battello nel porto di Sydney, crociera tra Harbour Bridge, Opera House e tutte le baie. Davvero carino, con Gloria e Costa due miei amici italiani che ora studiano qui e fanno parte di un’organizzazione universitaria, un po’ come facevo io a Parigi, al BDE.
E domenica, riposo ? No : barbecue brasiliano. Compleanno di Thiago, un amico arrivato da poco da SanPalo, specializzato in barbecue (churrasco, in portoghese) e caipirinha. Tanta gente, chiacchiere, un po’ di frivolezza, divertente.
Ieri sorpresa : arriviamo in ufficio, il boss vede il nuovo giochino di Albi : « Fikissimo, hai fatto bene a prenderlo. Metà te lo regalo io ».
Uhm, secondo voi funziona anche con una borsetta Chanel… ?

Una Settimana Dopo Il Resort

E’ passata una settimana: posso finalmente raccontarvi del resort.
Sabato abbiamo lavorato sino alle sei, poi abbiamo lanciato la muta da kite ed un paio di altre cose in valigia. Anzi, un po’ più di un paio, perché, quando si prepara un bagaglio in fretta, si portano un sacco di cose inutili. Ero più brava quando studiavo a Milano: tanta era l’abitudine a spostarmi ogni due giorni, che il kit valigia lo sapevo a memoria.
Non è andata malissimo neanche questa volta: Albi ed io ce la siamo cavata entrambi con un trolleyno da cabina e poi via nel buio più buio delle strade australiane, verso nord.
Vi perderete – ha detto il boss – e, quando vi perdete, chiedete per The Entrance.
The Entrance è un’insenatura, un’entrata appunto, attraverso la quale il mare penetra verso l’interno della costa a nord di Sydney, creando un grande lago salato e quella che qui chiamano la ‘central coast’.
Ci immaginavamo già a mangiare hot dogs con senape prediluviana in qualche locanda sfigatissima e a dormire nel più squallido dei motels. Chissenefrega -ci siamo detti – sarà un’avventura.
Notare che mi ero predisposta a prenderla bene…
Abbiamo portato i computer più per abitudine che per speranza e più per senso di responsabilità che per utopia da orientamento ho fatto qualche screen shot di Google Maps. Sono un pessimo navigatore. Albi lo sa. Ma sono un pilota ancora peggiore, quindi faccio il navigatore e, agli incroci mi ritrovo sistematicamente a piagnucolare “non lo soooooo”.
Ma questa volta è andata bene.
Ho gestito la situazione come uno scout di vecchia data, messo sul naso gli occhiali di ordinanza, sono persino riuscita a vedere qualche cartello e far prendere alla nostra mini armata Branca Leone la strada giusta alla priiiima.
Beh, non proprio alla primissima: eravamo a neanche un km dal resort, quando mi è scappata una svolta. Mini inversione a U e l’abbiamo imboccata.
Kims è un posto isolato. Canneto, pini centenari, spiaggia e oceano intorno. Gestito dalla stessa famiglia da più di cent’anni, all’inizio era poco più di un baracchino sulla spiaggia, poi è diventato campeggio ed ora resort di lusso.
Una ventina di capanne sulla spiaggia, un ristorante, qualche sentiero nel bosco.
Dalle foto in bianco e nero appese alle pareti della sala principale, intorno al camino si riconosce negli anni sempre la stessa struttura. Il complesso non è amumentato in dimensioni. Solo la qualità è stata portata a livelli altissimi. E le due cose di sposano bene.
E’ un mondo piccolo e curatissimo, in cui ‘it’s all about you’
Non c’è molto da fare, a parte il kite surf, quando c’è buon vento. Ma il bello è proprio che non ci sia nulla da fare.
Lasciarsi coccolare: dal rumore dell’oceano davanti alla porta di casa, dal suono leggero del jazz, dalla spa che è in ogni camera, dalla luce dolce che passa attraverso il canneto, dai pranzi, le cene, le colazioni, i massaggi…
Non facciamo mai vacanze di questo genere: per ora ci interessa vedere il più possiile del mondo, quindi viaggiamo in modo abbastanza semplice – non proprio alla backpacker, perché ‘non abbiamo più l’ètà’ né il tempo per farlo, ma insomma, neanche a livello di spa in camera.
E questi due giorni sono stati un piccolo lusso inatteso che ci ha sorpresi, lusingati e rigenerati un bel po’.
Pensate che, quando siamo arrivati, hanno issato la bandiera italiana. Essi’, da Kims issano una bandiera per ogni nazionalità al momento ospitata.
Sarà la prolungata distanza da casa, un patriottismo un po’ cheap, o un sano senso di appartenenza a qualcosa, ma ci ha fatto piacere vedere quella bandiera. E poi cosi’ grande, tutta per noi, sventolante sull’oceano. Bello.
Aragoste, ostriche, vini squisiti, una quantità di dolci indescrivbile e una meringata alle fragole da delirio.
Nel menu sul nostro tavolo abbiamo letto “Cari Signore e Signora…” e hanno messo i nostri nomiiii.
Beh, cari signore e signora, siamo lieti di accogliervi per la prima volta da kims. Qualche accenno sulla storia e sulle pietanze della serata. La meringata alle fragole è per noi una tradizione. I cuochi di kims la preparano ogni sabato sera da più di cento anni.
E c’è da crederci. WoW.
E’ stato fantastico.
Lunedi’ era vacanza, quindi siamo rimasti da Kims sino a pranzo e poi siamo rientrati tranquillamente a Sydney.
In Italia ci sarebbe stata una coda inimmaginabile, dopo il ponte. Mentre qui: un leggero rallentamento a mettà strada e poi via.
Appena rientrati a casa abbiamo sentito l’urgenza di mettere un po’ d’ordine, perché il nostro casino abituale stridea davvero troppo con gli standard a cui ci eravamo appena abituati. Eh, come ci si abitua presto in certi casi…
E poi? E poi cinema. Sex And The City.
Ablbi ci è chiaramente venuto per me. Io, d’altronde, ero stata a vedere IronMan con lui, quindi siamo pari.
Orde di ragazzine, traballanti su tacchi colorati ci hanno indicato che la sessione precedente alla nostra era appena finita. Eh, anche ad immedesimarsi di fa presto…
Abbiamo acchiappato un cartoncino di patatine fumanti. Io, come al solito, mi sono ustionata la lingua e siamo entrati.
Scarpe, vestiti, quattro ragazze di cui non conoscevo la storia ma che mi hanno fatto provare molta tenerezza e un po’ di nostalgia per le mie amiche e per Parigi. E per la mia borsa Darel che è rimasta nella mia cabina armadio di Saint Germain des Près.
Mercoledi’ abbiamo vinto la competizione per Facebook.
Soddisfazione generale nel nostro piccolo ufficio su Hide Park.
Venerdi’ è stata una giornata splendida: sole e caldo estivi, io lavoravo da casa e sono riuscita a ritagliarmi un paio d’ore per una passeggiata da Cogee a Bronte Bay. E poi ho fatto i biscotti. In questi giorni continuo a fare i biscotti.
Ci abbiamo provato per scherzo una decina di giorni fa (ricetta letta sulla scatola dei cereali) e sono venuti buonissimi, quindi ora mi è preso il pallino.
Anche stamattina a colazione: biscotti fatti in casa.
Ora sono le quattro del mattino e domani dovremmo andare a pattinare a centennial park. La vedo griiiigia.

Stress e un Week-End a Sorpresa

Ieri è stato uno di quei giorni : nervosismo a palla, mille mila cose da fare, interruzioni continue, scadenze a minuti, insomma, un casino.

In più il capo non mi ha lasciata respirare un attimo, chiamandomi per qualsiasi cavolata. Mamma mia, lo avrei strozzato. E lo ha capito. E’ sempre difficile darsi un equilibrio. Quanto accettare, quando far capire a qualcuno che sta passando il limite.
Bisognerebbe riuscire a dire tutto col sorriso e a volte ci si ritrova a tacere con il muso.
Atteggiamento sbagliatissimo. Sto migliorando. Ci lavoro da anni. Non è facile.
Non è facile per chi è abituato a chiedere timidamente e ritirarsi sull’aventino, quando ha uno scontro.
In questi anni ho imparato ad evitare l’aventino, a discutere apertamente dei problemi, a prendere le cose in modo molto meno personale e più positivo.
Ancora devo migliorare il ‘chiedere timidamente’ : non bisognerebbe eppure mi è difficile non farlo.
Ci vorrebbe una bella faccia da schiaffi e chiedere anche cose pallosissime con la più giuliva delle espressioni, mentre io ho tendenza ad immedesimarmi nel povero diavolo che ho davanti, penso alla marea di lavoro che ha già da fare e mi metto in coda. Devo assolutamente correggere quest’attitudine, se voglio crescere professionalmente. Per un executive tutto deve essere urgente (anche se in realtà non lo è), la mole di lavoro deve essere un problema secondario, le sue necessità devono essere prioritarie, anche se necessita di un gelato al cioccolato. E poi, che dico : un boss non necessita mai. Un boss vuole. E c’è una bella differenza. Le cose necessitano di essere fatte, ma le persone che occupano posti alti non le necessitano : le vogliono. E questo a prescindere dall’oggettiva urgenza. Le vogliono e basta. Chi le esegue non è tenuto a sapere perché. Non più di tanto. Deve credere sempre ci sia un disegno superiore che non gli è concesso comprendere completamente.
E io ci casco sempre.

Noto poco, quando una cosa mi viene chiesta, se il verbo usato è servire o volere, quando sento che qualcuno mette pressione, sono portata a credere che la pressione sia motivata ecc.
L’educazione che ho ricevuto mi ha aiutato in tanti frangenti, ma va messa da parte in momenti precisi.
Bisogna essere un po’ jerk per fare carriera, niente di nuovo.
Il nuovo è che ora tocca a me.

E l’equilibrio migliore è quello di cedere il passo alla segretaria, ma poi chiederle di terminare un lavoro prima del week end. Essere gentili con i dipendenti, ma ottenere da loro ciò che si vuole. Sorridere ma essere fermi. E mai lasciarsi dire di no.
Sto imparando. Si impara dagli esempi e sto imparando.

E’ stata una settimana dura.
La preparazione del lancio del sito, un convegno MySpace, una competizione per Facebook…
Il convegno MySpace è stato una megafigata : organizzato da Naked, un’agenzia di comunicazione in centro a Sydney. Location fantastica, una showroom/creativeworld tappezzata in damasco di velluto bianco e nero, colma di divani e specchi barocchi, inondata di cuscini e sedie in plexiglas trasparente, sembrava di essere nel mondo di Alice. Ogni stanza aveva un tema per aiutare a pensare : il bagno, il campo da golf, la capanna degli attrezzi. Frigoriferi incassati nei muri, lattine di CocaCola ghiacciate, per porte, cancelli dorati e gli individui più insoliti mai incontrati. Credo T-shirt e sciarpa siano parte della divisa del posto.

Abbiamo presentato il sito, che è piaciuto, ma sarebbe potuto piacere di più. E’ vero che il pubblico era molto tecnico : sviluppatori e UI managers di MySpace, ma l’idea generale andava illustrata un pochino più in dettaglio.
La prossima volta, insisterò per occuparmi del public speaking.

Martedi’ ho fatto ‘riunione’ col boss, mentre mangiava la sua solita scodella di cereali e banana sulla tastiera del Mac. Ho visto un blocco bianco al centro del tutto. Era il latte. Qualcuno aveva abbassato i frigoriferi del’ufficio, nella notte tra lunedi’ e martedi’ ed il latte del capo era diventato un cubo di ghiaccio bianco. Lui non ha fatto una piega. Lo ha sbattuto sugli All Bran e ha aspettato che si sciogliesse, aggiungendo, ogni tanto, qualche goccetto d’acqua per velocizzare il processo di fusione. Sublime. sarebbe stato da fotografare.

Ieri, dicevo, ho sclerato, per le millemila cose da fare e Albi ha sclerato un pochino stasera, perché il boss gli ha chiesto di fare due cose tardissimo.

Fatte, finite, gli ultimi dettagli da aggiungere domani mattina, anche se è sabato e poi pronti per il lungo week-end.
Non sentiremo parlare di ufficio, per qualche giorno, ci eravamo detti.
Ed ho avuto una sorpresa carina : Albi ha portato a casa cibo indiano, il mio gelato preferito e uno splendido mazzo di rose. Un ottimo modo per iniziare un lungo week end.

E poi ?
E poi eravamo entrambi su internet.
Non riusciamo a guaradare troppo a lungo la tele, senza essere almeno connessi ad internet in sincro. Davvero, la TV è lenta, ci si annoia un casino a far solo quello.
Beh, mentre guardavamo un film – About A Boy, con con…H.Grant, l’ho cercato in wikipedia – ci arrivata un’email del capo.

“Ragazzi, è stata una lunga settimana, sono molto fiero di voi, mi piace come lavorate, capite il prodotto alla perfezione, lo state facendo diventare fantastico. Grazie per il vostro aiuto.
Vi ho prenotato un resort per questo week-end. E’ ad un’ora da Sydney, romantico, si mangia benissimo ed è perfetto per fare kite Surf. Check-in domani alle 5. Siete miei ospiti. Vi auguro uno splendido week-end.”

Abbiamo dato un’occhiata al sito del resort: spiaggia, spa, e tantissima natura intorno. “Hide away” lo chiamano e sembra un nome azzeccato.

E quindi eccoci qui, con un grande sorriso a fare le ultime cose online, prima di partire, domani.
Mica male l’indiscreta follia.

Da IronMan a BondiBeach – Quasi noia

Iniziamo da IronMan: non è stato affatto male. Con mia sorpresa, ribadisco. Mi attirano poco i mostri da botteghino, ma questo aveva anche un lato umano, un lato legato all’attualità e una protagonista femminile che, pur avendo poco spazio nella sceneggiatura, mi è rimasta molto impressa. Altro protagonista che mi è rimasto impresso è il punto di vista prettamente americano sui temi d’attualità. Condivido appieno, ma sa un po’ di stereotipo.

Martedì è arrivato in ufficio AndrewG, è il quarto Andrew ad aggiungersi al team. Abbiamo AndrewM, AndrewH, AndrewE e ora, anche AndrewG. Per fortuna, siamo tutti un po’ geek, quindi ognuno ha un nickname a cui gli viene naturale rispondere come se ci fosse stato battezzato. E il nuovo Andrew sarà per tutti solo Enneff, per semplificare le cose.

Mercoledì il boss è partito per gli States: due giorni di conferenze tra Google, Facebook e compagnia, con annesso giro in bici sul Golden Gate. Giovedì e venerdì ho lavorato da casa, mi piaaaace lavorare da casa, perché posso concentrarmi meglio, nessun mi fa domande, mi chiede cose e faccio tutto molto più in fretta e poi posso far andare la lavatrice mentre scrivo o spalmarmi la crema mentre guardo un video : massima efficienza!
E, quando sono a casa, riesco a ‘intrattenere le pubbliche relazioni’. Voi ci scherzate ma in quest’ambiente e nella mia posizione è una cosa super importante.

Sabato è stato un giorno molto pigro.
Mi sono alzata presto, verso le 7. Ho lavorato un po’ a PeopleBrowsr. Mi piace lavorare quando tutti dormono. E poi, una volta mandata una decina di mail al boss oltreoceano e scritto qualche blog post, sono tornata sotto le coperte, soddisfatta di aver già dato un senso alla giornata e finalmente abbastanza stanca per dormire un po’. Albi è andato a fare un giro in bici e ci siamo trovati per l’aperitivo.
Non che qui usi, eh ! Ma ce lo si può inventare, sedendosi ad un tavolino sul mare e ordinando stuzzichini vari. Nessuno intorno sa che lo spizzicare e il people watching per noi è un ‘aperitivo’ ma poco conta.

Week-end molto tranquillo. Non siamo neanche andati a pattinare, questa mattina. Abbiamo fatto un giretto a Bondi, ma senza troppo entusiasmo. Noia.
Che fastidio la noia.
Non mi capita quasi mai : ho sempre cose a cui pensare, da leggere, scrivere, fare, provare. Bah. Oggi è andata cosi’.

Almeno stasera ha vinto Vale. Grand Prix del Mugello : lui, Stoner e Pedrosa.
Ora è saltato internet, di nuovo. Ma possibile che salti sempre quando posto io ? Inizio a sospettare che WordPress mandi in palla il moi modem. Povero Modem.
Vediamo, adesso, se va.

Una Bella Domenica. E Salta La Rete

Questa mattina siamo stati a fare un brunch a Double Bay, è un po’ una Portofino di qui. E, quasi, a Portofino sembrava davvero di essere : persone molto ben vestite, distinte, passeggiavano con il giornale del mattino o sedevano ai caffé per il primo spuntino della domenica.
Abbiamo passeggiato un po’, ho visto una ragazza con una borsa di Gucci molto bella, era taaaaanto che non ne vedevo, qui. Mi ha fatto venire voglia. Eh, mamma, si’, questa è per te 🙂
Ci siamo seduti in un bar che aveva all’ingresso un sacco di bandiere di tanti stati diversi : macedonia, cereali, frutta. Alby con una rivista di fotografia, io con il mio libro su Parigi. Si stava davvero bene. Adoro le colazioni fatte bene e con calma, si’, chi mi conosce lo sa.
Mentre eravamo dentro, ha anche piovuto un po’.
Ho creduto, per la pioggerellina, che il programma di andare sui roller nel parco saltasse e la parte più pigra di me ha esultato per un attimo, pensando di poter continuare a leggere nel tepore di casa, ma no: in un attimo è spuntato un sole splendido. ‘Ci tocca’, ho pensato.
A volte basta trovare il coraggio di fare le cose, sta tutto nel darsi la prima spinta e poi si è contenti di averle fatte.
A Centennial Park era un ‘no cars day’: giornata senza macchine, quindi tutte le strade, stradine e straduncole erano a totale disposizione di pedoni, ciclisti e skaters: una goduria. Ci siamo cambiati in macchina: pantaloncini corti per pattinare – volete che se uno vive l’avventura di spalmarsi per terra non ne abbia neanche le prove in una bella sbucciatura di ginocchia? Per oggi è andata: ginocchia salve. Si, perché le ginocchiere proprio non si puo’, sono troppo scomode e stile Robocop.
Albi ha fatto due giri dell’anello, io uno : un po’ di pigrizia era rimasta. Non so quanto sia in km, ma è un bel giretto.
Ora, mentre scrivo, mi sto ammazzando di caramelle alla liquirizia : adoro la liquirizia, soprattutto le stringhe e le rotelle lunghissime. Si’, chi mi conosce sa anche questo.
Beh, dicevo del parco: dopo il giro coi roller, siamo andati a sdraiarci nel parco – un po’ di riposo, che diamine – vicino ad un lago di anatre, oche giganti e cigni neri. Altro che timidi: non hanno paura per niente, brucano, si’-si’, brucano tra i ragazzi seduti a leggere o a studiare.
Dopo le mucche di Tonga, al pascolo tra le palme, non ci stupiscono certo i cigni al pascolo tra i pic-nic.
Ci sono alberi immensi a Centennial Park, alberi che da noi, in Europa, non ho mai visto: tronchi enormi e ramificati dalla parte più bassa, mapi, nodosi. Sono gli alberi come uno li immagina ascoltando le favole. E qui crescono come niente, tra mare e grattacieli.
Erano solo le due e mi è venuta voglia di andare a Bondi: tutte le domeniche c’è un mercatino a pochi passi dalla spiaggia. Ci si trova di tutto: vecchi libri, cappelli, vestiti fatti a mano ed i più simpatici venditori del pianeta. Si’, chi mi conosce sa che mi piacciono anche i mercatini.
Prima di andarci, ci siamo fermati in uno dei baretti sulla passeggiata per un’insalata al volo. Non è stata molto al volo, ma era davvero buona – la solita Cesar.
E poi, passeggiando abbiamo preso un dolce mega-gigante: nocciole, panna, cioccolato, pasta di mandorle, insomma, una goduria, e ci siamo fregati la fatica fatta sui pattini, ma pazienza.
Quando siamo arrivati al mercatino, la maggiro parte dei banchi stava già chiudendo. Ho fatto un giro veloce tra i pezzi vintage di una signora che sta sempre nel solito angolo della piazzetta e poi sono andata via. In certi posti, nulla da fare, bisogna andarci da soli. Albi è adorabile e mi aspetta sempre, ma io mi sento in colpa a guardare davvero tutto cio’ che vorrei.
Tornando alla macchina – La Celestina, si’, se vi interessa, vi parlero’ anche di lei – ho cercato qua e là per le vetrine un paio di scarpe nere da mettere con una gonellina presa ieri. ‘Non ho le mie cose – pensavo – ho lasciato tutto a casa e ora mi tocca rinunciare a certi vezzi (leggere: vestirmi come una sgangherata)’. Niente di carino. Siamo saltati in macchina e a casa.
E’ stata una bella giornata. Anche senza le scarpine nere.
Appena arrivata qui a Coogee, mi è preso un attacco di cenerentolite: ho fatto il bucato, lavato i piatti, passato l’aspirapolvere, domato le scarpe che avevano preso possesso di ogni angolo della camera da letto. E ta-ta-taaan : in un angolo dell’armadio ho scoperto le scarpine nere che credevo di avere lasciato in Europa. Bella sorpresa.
Stasera temo davvero mi tocchi IronMan.
E ora pare sia saltato Internet…ehm…come posto sul blog?

Balene, Alla Prossima

Ieri sera, niente IronMan: abbiamo viso il trailer e ci è sembrato una cavolata – soprattutto a me.
Ho chiesto su Twitter, per curiosità, e ho ricevuto due opinioni positivissime : ‘nerdtastic’, ha detto una mia amica. ‘Assolutamente da vedere’, ha ribadito Jesse. Ok, ritaglieremo un paio d’ore alla fine del week-end per questo appuntamento, a quanto pare immancabile, con l’ennesimo transformer dei botteghini.
Stamattina colazione in passeggiata a Coogee E’ proprio carino questo paesino : una splendida spiaggia, tantissimi posti per il brunch e per la cena, negozietti di costumi. Si sta bene. Nel week-end, sembra di essere in vacanza.
Oggi doveva essere whale watching: giornata in mare per vedere le balene. Siamo andati al Darling Harbour ma, parlando con un signore, abbiamo scoperto che la stagione delle balene è iniziata da troppo poco per vederne davvero. Se ne incontrano tre o quattro al massimo ad ogni uscita, ora, ma a luglio, se ne vedono anche una trentina: abbiamo deciso di aspettare. Siamo rimasti tutta la giornata in centro, tra la World Press Photo Expo e un po’ di shopping. WoW, che botta di vita: erano sei mesi che non guardavo una vetrina. Ho preso un paio di cosine di cui avevo voglia da un po’. Per metterle, mi servirebbe un paio di scarpe che ho lasciato a Parigi. Amen, si farà con quello che ho qui, tanto mica ci fanno caso gli australiani…e, ultimamente, neanche io. Mai stata cosi’ sgangherata nel vestire. Oggi Albi mi ha addirittura chiesto perché non mi trucco più. Mah, perché? Perché non ho tempo, perché abbiamo altro da fare. Perché, se vuoi che sia pronta, quando sei pronto tu, posso giusto farmi una doccia, infilarmi un paio di jeans e uscire senza asciugarmi i capelli. Vabbé, esagero, pero’ è cosi’.
Domani mattina vorremmo andare a pattinare a Centennial park. Un po’ di movimento ci vuole. Sto ingrassando e le mie passeggiate da Coogee a Bondi non sono più le stesse, senza il sole dei mesi passati. Ho un libro da leggere, parla di Parigi. Stasera sciopero da Internet, almeno per un po’.